Tuesday, April 11, 2006

«Berlusconi, come Bush, premiato da chi detesta la politica»

«Berlusconi, come Bush, premiato da chi detesta la politica»
Il politologo Charles Kupchan: «Campione del nuovo populismo, per metà del Paese resta un mago»
(Fonte: CdS)

Pochi se l'aspetterebbero qui da noi, ma ci sono anche americani che hanno seguito la nottata testa a testa tra Silvio Berlusconi e Romano Prodi con il cuore in gola. Tra loro, il professor Charles Kupchan, docente alla Georgetown University di Washington, già collaboratore di politica internazionale con la Casa Bianca del democratico Bill Clinton, di casa al Council on Foreign Relations, autore del saggio «La fine dell'era americana» che ha ribaltato le tradizionali opinioni sull'equilibrio Usa-Europa. Il duello tra Berlusconi e Prodi, con la rimonta del fondatore di Forza Italia e la volata di mezzanotte, viene letto da Kupchan, un uomo intento, minuto, con i classici occhiali da intellettuale della East Coast, in termini di nuovo populismo.
Berlusconi torna in vantaggio grazie al suo fiuto nel captare il populismo contemporaneo. Che non è diffuso solo in Italia: è vivo in America, dove George W. Bush è il presidente più populista delle ultime generazioni, serpeggia in Francia e in Germania. L'identità dei Paesi ricchi è minacciata dalla nuova economia, l'opinione pubblica è disorientata dall'emigrazione, dalla globalizzazione, da campagne elettorali via via più ciniche, dominate dalle lobby. L'opinione pubblica si aliena dal dibattito politico e Silvio Berlusconi si dimostra, dal suo debutto in campagna elettorale nel 1994, maestro nel presentarsi come "al di sopra della politica", erede di una storia "diversa". Ha puntato l'intera posta su questa virtù, con apparente successo. Naturalmente il non essere mai vero leader politico, giocando sempre a fare l'outsider, si rivela anche il suo tallone d'Achille una volta eletto, perché non ha la pazienza, e la capacità di unire, degli statisti. Una carriera da candidato perfetto e da mediocre primo ministro».In America Berlusconi è dipinto come il migliore, e più fedele, alleato di Bush, che l'ha invitato a parlare davanti al Congresso, e come un inguaribile clown, deprecato nei pamphlet di sinistra: quale immagine prevarrà? «Il caso Berlusconi m'è apparso dal primo giorno unico e interessante, e parlo da studioso della politica. Adesso il possibile pareggio tra destra e sinistra potrebbe aprire anche da voi, in Italia, una Grande Coalizione alla tedesca, ma la personalità di Berlusconi, il suo populismo e la sua energia lo rendono il leader meno adatto alle larghe intese. Perché, ecco quel che a me pare sfuggire ai vostri analisti e alla sinistra, Berlusconi è un mago a vivere del particolarismo italiano, la politica fratta, spezzettata, lo rafforza, lui riesce a passare dal video e a parlare a milioni di elettori, una metà del Paese».Molti osservatori, da Giovanni Sartori ad Alexander Stille, attribuiscono la parabola di Berlusconi e di Forza Italia alla «videocrazia», il suo controllare sia Mediaset che la Rai, imponendo dai televisori il consenso. Basta? O non c'è piuttosto anche un blocco sociale, un'alleanza di classi solidali con il suo modo di vivere la politica oltre le regole, cui la tv fa da megafono? «Non sottovaluterei il peso dei media. E certo la formidabile campagna che Berlusconi ha saputo interpretare nelle ultime giornate, gettandosi letteralmente nel vivo del Paese, ha pesato. Eppure io credo ci sia di più, che per ogni elettore attratto dal suo essere acrobata politico spericolato ce ne siano altri, moderati, che si allontanano irritati. Da dodici anni Berlusconi cammina su questo filo e ieri notte prova che non è ancora finita per la sua avventura».
Dopo dodici anni la metà del Paese, più un voto o meno un voto, ha rinnovato la fiducia alla destra. Eppure i sondaggi davano Prodi in vantaggio, eppure la sua performance al primo dibattito aveva persuaso. Merito della nuova legge elettorale che, come la scarpetta di vetro di Cenerentola, il governo ha disegnato su misura di Berlusconi, o ci sono stati errori dell'opposizione? «In Europa, come negli Stati Uniti, la sinistra è messa in difficoltà dalla nuova economia. L'afflusso degli emigranti, islamici da voi, ispanici da noi, la fine dell'industria classica, l'outsourcing, i posti di lavoro che vanno all'estero creano un risentimento che avvantaggia la destra e apre vuoti nelle file dei tradizionali elettori progressisti». Insomma per il professor Kupchan la lunga notte del duello italiano apre scenari che vanno oltre le Alpi e, ai suoi occhi, il destino politico di Berlusconi e Prodi riproduce dinamiche comuni all'Occidente: «Qui in America Berlusconi appare diverso che da voi.
In Europa non ha mai dimostrato la gravitas, l'autorità morale per stabilire legami con la Francia e la Germania, e perfino Blair, vicino come lui a Bush, s'è tenuto alla larga, sospettoso della nuvola di scandali e corruzione che da sempre circonda il vostro premier. Questa contraddizione ne ha fatto un paria nell'Unione Europea e dubito che un secondo mandato possa dissolvere i sospetti. Prodi potrebbe mantenere i rapporti positivi con Washington e rassicurare gli alleati europei, ma deve prima persuadere gli elettori. Ho sperato che il centrosinistra italiano desse una mano a rimettere in moto l'Europa, in panne dopo la bocciatura della Costituzione e la paralisi che da mesi blocca Parigi.
Negli Usa Berlusconi è popolare per avere dato una mano a Bush dopo la guerra in Iraq: un leader spesso accusato di guardare solo ai sondaggi ha invece preso la decisione impopolare di mandare truppe a Nassiriya, non cedendo a pressioni forti. Ecco, Prodi potrebbe fare da traghetto atlantico, ma Berlusconi ha saputo tenere duro con Washington e su Israele e non molti ci avrebbero scommesso. Che abbia preso la metà dei voti del Paese su questa posizione impopolare è un successo per lui». Chiunque vinca il Paese resta spaccato a metà. Come negli Usa, il leader sarà detestato dalla metà dei perdenti: da ragazzo sognavo un'Italia dove gli avversari si legittimassero a vicenda come in America, adesso vedo la polarizzazione italiana diffondersi anche da voi: perché? «In parte sono i nuovi media, Internet, la tv via cavo, i talk show radio a creare, in cerca di mercati e audience, un chiassoso tutti contro tutti. Le voci più stridule fanno più effetto, le voci pacate si perdono nel rumore di fondo. L'esperienza che Berlusconi ha nei media l'ha reso efficace negli ultimi giorni, ha agito come un conduttore da prima serata, s'è imposto. Pensa a Bush padre: era amico di molti democratici, si preoccupava della loro opinione, voleva esserne stimato. Non così Bush figlio, contento solo di piacere ai suoi, gli avversari neppure li conosce. Come lui, Berlusconi non si cura di piacere all'opposizione e sa enfatizzare il consenso della base. E', e resterà, leader di parte, fino in fondo, sfruttando le diversità geografiche, puntando sul Nord e sul Sud».
In Italia ci si chiede sempre: «Ci potrebbe essere un Berlusconi Usa? Che diranno di lui gli storici, se passasse per la terza volta?». Prova a rispondere tu, per favore. «No, un Berlusconi americano sarebbe fermato dalla legge, dalle regole, dall'etica politica che gli imporrebbe di mettere le aziende in un blind trust, un fondo cieco. Ed è questo conflitto di interessi, che mi pare lungi dall'essere sanato, che pesa per me nel giudizio storico su Berlusconi. Ho un certo rispetto per come s'è mosso sull'Iraq, malgrado io sia ostile alla guerra, e per la sua lealtà con gli Usa. Ma etica e conflitto di interessi sono ferite che anche la rielezione non basterebbe a sanare. Chiamami appena sai chi ha vinto eh? Fino a tardi!».
Gianni Riotta
(11 aprile 2006)

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