Friday, May 12, 2006

Delta del Niger in fiamme

Nelle ultime 24 ore la situazione incandescente nel delta del Niger è tornata a far parlare di se.

Il sequestro, ieri, di un dipendente italiano della Saipem (poi subito liberato stamattina), l'annuncio del MEND (Movement for the Emancipation of Niger Delta), peraltro autore del sequestro, di mirare alla distruzione del gasdotto della NLNG (Niger Liquid National Gas) e l'esplosione di un tratto di oleodotto accaduta oggi vicino a Lagos e che ha causato 100 morti, non fanno che aggiungersi a una situazione di stabilità già precaria.
Purtroppo vicende come queste non sono una novità nel Sud della Nigeria.
Per chi non lo sapesse la Nigeria è uno dei paesi produttori di petrolio più ricchi (il sesto come riserve). Inoltre le prospezioni fatte finora sono state spazialmente limitate e c'è d'attendersi che le riserve accertate dalle varie compagnie operanti saliranno nel prossimo futuro. Washington ha recentemente affermato che, per terminare al più presto la dipendenza dal petrolio saudita, che mette a rischio la sicurezza nazionale (solo ora se ne accorgono?), la Nigeria dovrà arrivare a fornire il 25% del fabbisogno petrolifero americano entro il 2010. Ciò nonostante la Nigeria è uno dei paesi più poveri al mondo, quasi il 60% della popolazione viva con meno di due dollari al giorno.
Le compagnie petrolifere (Shell, Total, Mobil, Eni, Esso, Penzzoil, Conoco, ecc.) sono presenti in Nigeria, più o meno tutte, già dagli anni '70, anche se la Shell forte dell'eredità coloniale britannica era lì già dalla fine degli anni '50 e potendosi così aggiudicare i campi petroliferi più ricchi del paese, che sono proprio quelli dell'area del Delta (si tratta principalmente di giacimenti on-shore). Nessuno allora avrebbe mai immaginato come sarebbe finita la situazione.
In tre decenni il rapporto con le popolazioni locali si è completamente deteriorato. Progetti di sviluppo sostenibile che coinvolgessero le comunità, laddove sono stati messi in opera sono tutti più o meno falliti, complice anche una corruzione senza precedenti.
I vari movimenti di lotta (più o meno violenta) si sono trasformati in movimenti politici, ma le rivendicazioni avanzate sono principalmente di natura economico-ambientale. La guerriglia degli Ijaw (ma anche di altre etnie) nell'area del Delta è una battaglia che va avanti fin dall'inizio degli anni '90 quando il popolo Ogone, per primo, decise di sollevarsi contro la Shell-Royal Dutch per le devastazioni che la loro terra aveva subito a causa dell'inquinamento ambientale (gli investimenti delle compagnie petrolifere sono infatti attirati non solo dall'enorme ricchezza dei giacimenti ma anche dal vuoto legislativo in materia di inquinamento).
Fu infatti il MOSOP (MOvement for the Survival of the Ogoni People) di Ken Sarowiwa (poi fatto impiccare dal dittatore Sani Abacha) il primo gruppo ad aprire la strada all'allargamento della ribellione contro la povertà e e le ingiustizie legate allo sfruttamento delle risorse naturali.
La protesta di queste popolazioni non può tuttavia essere ridotta esclusivamente a una "lotta no-global" contro le multinazionali, poichè a fianco di azioni mirate che colpiscono piattaforme e oleodotti della Shell (anche se, come si è visto, la stessa Agip sembra essere nel mirino) si avanzano anche esplicite richieste al governo di Abuja.
La Nigeria è infatti una Federazione il cui equilibrio politico (in un paese con quasi 250 etnie) è davvero precario. Dei profitti da petrolio alle popolazioni locali resta qualcosa come il 5%, forse meno, mentre dal centro non arrivano fondi a causa del furto e della corruzione. Inoltre parte dei proventi petroliferi vengono trasferiti alle altre zone della Federazione, che però non hanno nemmeno lontanamente lo stesso livello di produttività dell'area del Delta.
Così, mentre alle majors petrolifere si chiede l'inizio di un dialogo e di un progetto di sviluppo che porti lavoro, occupazione e infrastrutture, alla capitale Abuja (e al Presidente Obasanjo) si chiede di avere il 50% dei ritorni.
Anche se molti attori politici in Nigeria sono disposti a tutto per difendere lo status quo (governo, majors petrolifere, etnie Hausa del nord - islamiche e numericamente maggioritarie nel paese), non si possono tralasciare le spinte (come quelle prevalenti nel Delta) che premono per una nuova fase costituente che porti a una ridefinizione degli assetti federali più in sintonia con l'equilibrio reale del paese. Se questa richiesta sia la vera soluzione al problema dell'instabilità nel Delta del Niger o il primo passo verso una guerra civile dalle proporzioni mastodontiche (una sorta di nuova guerra del Biafra) resta un punto ancora da chiarire.
Il Cordigliere
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1 Comments:

Anonymous Anonymous said...

Questo post è molto interessante. Ottimo blog. Davvero. Continua così!

Mon May 22, 05:31:00 pm 2006  

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