Sunday, April 30, 2006

Perdite di ieri e quelle di oggi

Si potrebbe parlare di tante cose in questo weekend... dagli scandali che travolgono l'establishment laburista in Gran Bretagna (nota: da settembre mi trasferisco a Londra, quindi coprirò con attenzione l'inevitabile scisma, per altro già nell'aria, all'interno del Labour), agli incontri commerciali tra Angela Merkel (a sua volta oggetto di derisione della stampa popolare britannica che ne ha immortalato le grazie...) e Vladimir Putin per il progetto di costruzione di una pipeline baltica con la conseguente esclusione degli ex-stati satelliti di Mosca (un nuovo patto Moltov-Ribbentrop, come si precisa indignati in Polonia?)... dalla gloriosa ascesa di Fausto Bertinotti alla Presidenza di Montecitorio (con un discorso che mi ha commosso), alle previsioni per la nomina del nuovo governo e l'elezione del Presidente della Repubblica (chi vi parla sostiene la candidatura di Massimo D'Alema)...
Ma in realtà voglio semplicemente ricordare due grandi personaggi dell'economia mondiale che sono scomparsi o sono stati celebrati in questo weekend: J. K. Galbraith ed Enrico Mattei.
In memoria di Enrico Mattei nel centenario dalla nascita (29 aprile 1906 - 29 aprile 2006) sono state organizzate svariate manifestazioni e incontri. Riporto un estratto dal sito ENI:
"Nei giorni successivi alla tormentata fine della guerra civile in Italia, Enrico Mattei venne incaricato di liquidare le attività dell’Agip. Invece scelse di disattendere questa indicazione, per conseguire un obiettivo che riteneva fondamentale: garantire al Paese un’impresa energetica nazionale, che dal 1953 si chiamerà Eni, in grado di assicurare quanto serviva ai bisogni delle famiglie e allo sviluppo della piccola e media impresa, a prezzi più bassi rispetto a quelli degli oligopoli internazionali.
Mattei riuscì a costruire intorno alla sua figura un’aura mitica. Fu abile nel costituire una rete di collaboratori capaci di muoversi sulla scena internazionale e questo divenne uno dei punti di forza che la società, oltre gli interessi specifici, seppe offrire all’azione diplomatica dell’Italia. Fu tra i primi a coltivare lo spirito di frontiera e il rispetto delle culture diverse. Mattei aveva chiaro che non era possibile fare strategia internazionale senza conoscere bene i singoli territori su cui si andava ad esplorare. La diversità Eni fu per anni una sorta di eccezione, un’impresa che compiva scelte diverse da quelle della maggioranza dei suoi concorrenti, tanto da sfidare il buon senso comune. Mattei è stato il simbolo di un modo di pensare l’Italia, abbastanza visionario da riuscire a trasformare una nazione sconfitta e contadina in un Paese avanzato con una forte industria energetica."
E' scomparso invece due giorni fa il grande economista liberal americano John Kenneth Galbraith, consigliere di Franklyn D. Roosvelt, John F. Kennedy, Lindon Johnson (prima della divergenza sulla guerra in Vietnam) e, ultimo, Bill Clinton.
Senza troppi dettagli tecnici o retorica mielosa, lo ricordo con un articolo del New York Times apparso ieri. Eccone un estratto.

John Kenneth Galbraith, 97, Dies; Economist Held a Mirror to Society
(By H.B. Noble, D. Martin)
John Kenneth Galbraith, the iconoclastic economist, teacher and diplomat and an unapologetically liberal member of the political and academic establishment that he needled in prolific writings for more than half a century, died yesterday at a hospital in Cambridge, Mass. He was 97.
Mr. Galbraith lived in Cambridge and at an "unfarmed farm" near Newfane, Vt. His death was confirmed by his son J. Alan Galbraith.
Mr. Galbraith was one of the most widely read authors in the history of economics; among his 33 books was "The Affluent Society" (1958), one of those rare works that forces a nation to re-examine its values. He wrote fluidly, even on complex topics, and many of his compelling phrases — among them "the affluent society," "conventional wisdom" and "countervailing power" — became part of the language. (...)
He strived to change the very texture of the national conversation about power and its nature in the modern world by explaining how the planning of giant corporations superseded market mechanisms. His sweeping ideas, which might have gained even greater traction had he developed disciples willing and able to prove them with mathematical models, came to strike some as almost quaint in today's harsh, interconnected world where corporations devour one another. (...)
From the 1930's to the 1990's, Mr. Galbraith helped define the terms of the national political debate, influencing the direction of the Democratic Party and the thinking of its leaders. (...)
He advised President John F. Kennedy (often over lobster stew at the Locke-Ober restaurant in their beloved Boston) and served as his ambassador to India.
Though he eventually broke with President
Lyndon B. Johnson over the war in Vietnam, he helped conceive Mr. Johnson's Great Society program and wrote a major presidential address that outlined its purposes. In 1968, pursuing his opposition to the war, he helped Senator Eugene J. McCarthy seek the Democratic nomination for president.
In the course of his long career, he undertook a number of government assignments, including the organization of price controls in World War II and speechwriting for
Franklin D. Roosevelt, Kennedy and Johnson. (...)
But other economists, even many of his fellow liberals, did not generally share his views on production and consumption, and he was not regarded by his peers as among the top-ranked theorists and scholars. Such criticism did not sit well with Mr. Galbraith, a man no one ever called modest, and he would respond that his critics had rightly recognized that his ideas were "deeply subversive of the established orthodoxy." (...)

Tuesday, April 25, 2006

W IL 25 APRILE!

Ricordiamo ancora oggi, come ogni anno, questa festa fondativa della nostra convivenza politica e della nostra Costituzione.


Esprimo una dura condanna verso i pochi infiltrati che a Milano hanno incendiato una bandiera israeliana. Il loro gesto è un aborto e non corrisponde affatto al sentimento delle Festa.

Il Cordigliere

Sunday, April 23, 2006

"Da dove ripartire" di Tommaso Padoa Schioppa

Saluto la scelta di eccellenza di nominare Tommaso Padoa Schioppa allo scottante ministero dell'economia con un suo intervento apparso sul Corriere.
Vorrei anche esprimere soddisfazione per la salita di Bertinotti sullo scranno più alto di Montecitorio, ora D'Alema al Quirinale. Per quel che riguarda il Senato, più che accettabile Franco Marini.
Il Cordigliere
Da dove ripartire
di Tommaso Padoa-Schioppa

Il motivo per cui, in ogni consolidata democrazia, le formazioni politiche concorrenti (partiti, coalizioni, alleanze, secondo i casi) tendono a essere due e non più di due ha assai poco a che vedere con i problemi di cui si deve occupare un governo e con il numero delle loro soluzioni possibili, che è di solito superiore a due. Il motivo ha a che fare non coi problemi, ma col potere: è bina la distinzione tra maggioranza e opposizione, tra chi governa e chi non governa. E se per potere legittimamente governare occorre vincere le elezioni (come la democrazia richiede, pur con diverse e sempre imperfette tecniche elettorali), la reductio ad duos è solo conseguenza del dover costituire schieramenti capaci di vincere. Ma quando si passa dalla scelta del chi governa a quella del come governare, lo schema da bino diviene plurimo. Non basta più lo spartiacque maggioranza-minoranza, governo-opposizione, vincitori- vinti; ognuna delle due formazioni si stende su un proprio ventaglio di soluzioni concepibili per quasi ogni questione e deve trovare in se stessa capacità di decisione e di sintesi. Poiché più soluzioni sono possibili per ogni questione (di giustizia, sicurezza sociale, immigrazione, infrastrutture, fiscalità), la matematica ci dice che il numero delle combinazioni possibili è quasi infinito; non è affatto detto che due persone concordi nel volere il ponte sullo Stretto di Messina concordino anche sulla separazione delle carriere di magistrati inquirenti e giudicanti o sulle unioni di fatto. Non riduzione a due, ma tot capita tot sententiae.
Ciò che è bino e ciò che è plurimo hanno ragioni d'essere ugualmente forti. È per questo che, nella sua intelligenza, la lingua inglese ha coniato parole diverse per i due diversi significati della politica: conquista del potere (politics) ed esercizio del potere (policy).
Il cittadino non si deve spazientire. Che la convivenza tra i due termini della politica sia difficile non è una patologia o il difetto di una particolare architettura istituzionale: è la vita stessa della polis. Vale per i compiti del Parlamento: ogni governo che abbia bisogno di un voto di fiducia assembleare (come è il caso di tutti i Paesi europei) implica che il Parlamento eletto dal popolo combini il taglio netto tra maggioranza e opposizione con il possibile dialogo su singole questioni. Vale per i sistemi elettorali: né il proporzionale né il maggioritario risolvono la tensione tra il dualismo governo- opposizione e il pluralismo delle culture politiche presenti in ogni schieramento. Vale per la scelta tra partito unico e coalizione: quale che sia la forma organizzativa degli schieramenti contrapposti, entrambi ospiteranno una certa varietà di punti di vista.
Gli anni Novanta hanno visto due grandi cambiamenti nella politica italiana: da allora il governante rischia la perdita del potere e la scelta di chi governa è compiuta direttamente dai votanti, non delegata ai partiti. Sono due cambiamenti che riguardano ciò che è bino, non ciò che è plurimo nella politica.
Ciò che nella politica è plurimo rimane e deve rimanere, senza mettere a repentaglio ciò che è bino e imporre il ritorno agli elettori. Non è venuta infatti meno l'esigenza di scegliere tra diverse soluzioni possibili, di trovare accordi entro la formazione vincente, di fare una sintesi che qualifichi e renda coerente l'azione di governo. Questa è materia non di architettura istituzionale ma di leadership, ed è il compito di chi, vincitore nella parte bina del gioco, si accinge a entrare in quella plurima, compiendo il passaggio dalla politics alla policy.
(23 aprile 2006)

Thursday, April 20, 2006

Honour to Djokar Dudaev

10 anni fa, la notte tra il 20 e il 21 Aprile 1996, moriva il Presidente della Repubblica Cecena d'Ichkeria, il Generale Djokar Musaevich Dudaev, quando un missile teleguidato russo, sembra grazie a una telefonata satellitare che Dudaev stava effettuando, ha centrato il rifugio del Generale sui monti della Cecenia meridionale. Mosca, che l'ha ritenuto per almeno 5 anni il nemico numero uno del Cremlino, pensò allora di avere risolto per sempre il problema ceceno. Si sbagliava.

Descrivere con precisione la vita e l'opera del Patriota ceceno è una impresa troppo alta anche per questo blog. Vale solo la pena, allora, ripercorrere i tratti salienti della sua attività politica.
Dopo una prestigiosa carriera militare che lo elevò, dopo aver combattuto la campagna di Afghanistan, al rango di Generale, alla fine degli anni '80 era al comando di una squadriglia di caccia nucleari dell'aviazione sovietica, di stanza a Tartu (Estonia), sul mar Baltico.
Durante il collasso dell'URSS si rifiutò di reprimere i moti nazionalisti anti-russi che erano esplosi anche in Estonia dopo il 1989, riscuotendo subito enorme simpatia ed ammirazione tra la polazione oltre che tra le nuove leve politiche baltiche (assicurandosene un sostegno diplomatico. Qui avrebbero infatti riconosciuto, infatti, la Cecenia indipendente).
Nella "primavera" del 1990 Dudaev, vedendo sorgere in tutto lo spazio sovietico movimenti nazionalisti alla ricerca della propria libertà e indipenza, decise di tornare nella natìa Cecenia (anche se Djokar nacque in Asia Centrale, nelle terre dove i ceceni erano stati completamente deportati da Stalin nel 1943) e di prendere in mano le redini della repubblica, guidando un popolo ribelle a quell'indipendenza a cui aveva aspirato da lunghissimo tempo (praticamente fin da quando entrò in contatto con i russi nel XVIII secolo).
Entrò nel KNK (Kонфедерация Hародов Kавказа - Confederazione dei Popoli del Caucaso) e riuscì a creare un largo fronte nazionale pro-indipendenza (grazie al Bart', movimento politico-culturale-intellettuale fondato da Zelimchan Jandarbev, una delle persone più intelligenti in Cecenia in quegli anni). Si creò tuttavia una sorta di doppio-potere, perchè naturalmente le autorità sovietiche del Soviet di Grozny non erano disposte a concere libere elezioni e a perdere il potere.
Ma le forze innescate da Dudaev si rivelarono incontenibili. Vennero indette nuove elezioni che si tennero regolarmente e senza vistosi disordini nell'autunno del 1991 e che incoronaro Djokar Dudaev Presidente della Repubblica autonoma di Cecenia-Inguscezia, di cui proclamò l'indipendenza (della sola Cecenia) nel novembre del '91.
Si stava completando una Rivoluzione Nazionale, un risorgimento: Dudaev nei fatti impose libere elezioni ma l'esito che ne risultò fu inequivocabile. C'era la percezione netta che l'indipendenza fosse qualcosa che spettava di diritto al popolo ceceno . E in effetti era così. Quanti sedicenti stati sono stati riconosciuti e sostenuti dalla Comunità Internazionale "bene" quando faceva comodo? (realismo docet)
Sulla Cecenia per tutti gli anni '80 era gravata una larghissima disoccupazione, soprattutto giovanile. Sembra paradossale, poichè la Cecenia ha avuto per tutti gli anni '70 e '80 un forte sviluppo petrolifero, con alti livelli di produzione e di impiego... Ma ad essere occupati erano esclusivamente le manovalanze russa colonizzatasi nella parte settentrionale della Cecenia e i tecnici provenienti dal Nord dell'URSS. Per questo Dudaev non ebbe difficoltà a raccogliere consensi. Un orgoglio nazionale calpestato e offeso da secoli di dominio russo prima, poi sovietico, poi ancora russo non poteva accettare che le ricchezze del paese venissero spartite solo tra i coloni venuti da fuori. Così vennero amnistiati i criminali comuni e i giovani ceceni scesero dai villaggi di montagna per arruolarsi in massa nella costituenza Guardia Presidenziale (un corpo destinato a resistere fino all'invasione russa del 1999). Il Soviet ceceno gradualmente perse il controllo del territorio a vantaggio del movimento nazionale. Si assaltarono le basi sovietiche sul territorio e, nei fatti, si nazionalizzò l'industria petrolifera, anche se il caos in cui versava il paese fece scendere la produzione a livelli minimi. L'economia legale di fatto cessò, a causa dell'embargo russo, lasciando grande spazio a contrabbando e delinquenza comune (furti e assalti a treni, camion e "sifonamenti" alle pipe-line russe). Nel '92 si varò una nuova Costituzione, con qualche emendamento in vigore ancora oggi nell'istituzione della CRI oggi clandestina.
Tra il '92 e il '94 i servizi segreti russi (complici le loro teste di ponte in Cecenia) attentarono almeno tre volte alla vita di Dudaev, tentando di rovesciarne il governo con azioni sulla falsariga di quelle che deposero i presidenti indipendentisti nazionalisti anti-russi Zviad Gamsakhurdia (dopo la caduta, si rifugiò proprio a Groznij) e Abulfaz Elchibej.
Nel 1993 a Groznij si arrivò alle strette con l'opposizione interna. Temendo fosse finanziata da Mosca (e l'ennesimo golpe che fu tentato di lì a poco, nell'autunno del '94 lo confermò without any doubt), sciolse il Parlamento facendo persino aprire il fuoco su alcuni termidoriani.
Che dire?
La storia di Dudaev e della Cecenia pre-guerra 94-96 è almeno in parte una storia di sangue, violenza e anarchia. Negarlo sarebbe scorretto. Ma sicuramente non è tutto, c'è dell'altro. L'anarchia era anarchia appunto solo in parte: dal punto di vista della criminalità dilagante e del poco rispetto (ma era dovuto?) verso le istituzioni della precedente epoca sovietica.
Non ci si dimentichi, però, che quello di Dudaev era un governo democratico e forte (orientato a non farsi piegare dai ripetuti tentativi russi di deporlo e a non mostrare remore circa l'uso della forza per la difesa della sicurezza nazionale) e inequivocabilmente orientato in una politica estera forse troppo ambiziosa. Il problema fu proprio questo: Dudaev aveva una visione sicuramente idealista, ma non così fantasiosa come molta letteratura tende a ricostruirci. Certo, aveva vaneggiato (ma soltanto in chiave elettorale) di costruire "un Kuwait caucasico" coi proventi del petrolio, si era illuso di riuscire a creare una Confederazione di Stati Indipendenti nel Caucaso (aiutando i separatismi nord-caucasici grazie anche al sostegno delle repubbliche già indipendenti della Transcaucasia), aveva proposto alla Russia di entrare nella CSI (ingresso rifiutato inzialmente dal gruppo GUAAM) purchè riconoscesse l'indipendenza cecena... ma era anche riuscito a rinsaldare il legame nella KNK, e per un certo periodo l'intesa con Elchibej e Gamsachurdia (soprattutto con quest'ultimo) si era fatta molto forte. Dudaev e la KNK, in un intricatissimo gioco di alleanza politiche, erano anche riusciti a portare alla separazione dell'Abchazia dalla Georgia dell'ex-comunista moderato Shevardnadze: questa, a mio modo di vedere la vicenda, era una mossa, poi fallita miseramente, destinata a indebolire il nuovo regime georgiano, più aperto con Mosca, nella speranza che ci fosse ancora possibilità per gli zviadisti di tornare al potere a Tbilisi. Inoltre è risaputo che la Turchia aveva offerto sostegno politico e diplomatico al governo ceceno, fornendogli anche alcuni consiglieri militari. Dudaev si era anche incontrato con rappresentanti americani.
Insomma... i vaneggiamenti in politica estera erano vaneggiamenti fino a un certo punto. La geopolitica dell'epoca sembra sposare alla perfezione una Cecenia indipendente. Inoltre il governo di Dudaev non ha mai avanzato pretese espansionistiche (nessuna "grande Cecenia". Il divorzio consensuale con l'Inguscezia ne è la testimonianza) nè condotto operazioni di pulizia etnica.
Mi sono immaginato spesso Dudaev come un personaggio da film di azione-politica, e mi venivano in mente sempre i "cattivi" delle storie hollywoodiane, i cattivoni che vogliono ottenere l'avido interesse personale a discapito di misere vite umane! Ma non è questo il Dudaev che corrispondeva alla realtà. Dudaev ha indubbiamente dato ai Ceceni qualcosa che questi hanno voluto per lungo tempo, e per il quale hanno versato sangue per secoli. Non si è arreso, garantendo così la sopravvivenza della Rivoluzione Nazionale (che teoricamente perdura fino ad oggi). Ha resistito a innumerevoli tentativi di essere deposto. Ha usato le maniere forti con l'opposizione interna... quando era necessario e perchè aveva connivenze col Cremlino. Ha fatto aperture religiose (e dalle autorità religiose sufi ha avuto un sostegno decisivo, soprattutto nella fase iniziale) ma da persona totalmente laica (gira la storiella di un episodio che lo riguarda: poco prima di giurare solennemente sul Corano, nel novembre del '91 , disse a chi stava con lui: "Certo, noi ceceni siamo veri musulmani. Preghiamo 4 volte al giorno!"... "Ehm, Generale, 5 volte al giorno... 5!"), senza mai negare la determinazione a costruire una democrazia, rispetto alla quale uno stato islamico sarebbe stato sicuramente in contrasto. Inoltre proprio Dudaev è sempre riuscito, a differenza di Maskhadov, a controllare, amministrare e a gestire la distribuzione delle risorse (umane, militari e finanziarie) -che si producevano in Cecenia o che arrivavano dall'esterno- ai vari gruppi che spesso erano in contrasto tra loro. Gruppi poi passati al wahhabismo nel dopo-guerra e nel dopo-dudaev.
Confusione sì. Anarchia certamente no.
Ufficialmente, secondo il punto di vista della CRI (e di molti ceceni), Groznij (nome russo, "la terribile") si chiama oggi Djokar, poichè nel 1996 il presidente ad interim Jandarbev volle rendere onore al Presidente assassinato.
Un personaggio scomodo, sicuramente morto prematuramente.
"Slave who does not try to escape slavery, deserves double slavery"
(D.D.)

L'Unione ha vinto le elezioni politiche 2006


Totale voti Unione: 19.002.598

Totale voti Casa delle Libertà: 18.977.843

La maggioranza degli Italiani ha trovato la forza e il coraggio di mandare a casa Berlusconi e la sua maggioranza ridicola.

La maggioranza degli Italiani ha conferito il mandato a Romano Prodi e al centro-sinistra.

Qualcuno storcerà il naso leggendo "maggioranza"...

...ebbene, dico a questi signori che, il principio di maggioranza si applica anche con un solo voto in più. E' ridicolo pensare che l'Unione avrebbe potuto vincere con percentuali del 60-65%! Prima di tutto Berlusconi controlla un impero mediatico che plasma il modo di pensare del 23,5% di italiani che lo hanno votato, in secondo luogo nessuna democrazia presenta -normalmente- confronti elettorali che si giocano con vittorie oltre il 56% (e sarebbe già un risultato incredibile).

Ora chiedo... l'Italia è spaccata? E nel 2001 non lo era?

La democrazia è l'accettare che se non si prende la maggioranza dei voti si va a casa. Si lascia il potere. Si viene bocciati dalla popolazione. La Casa delle (il)libertà è minoranza nel paese. E' stata bocciata. Vada A CASA.

Certo 25'000 voti è una vittoria di misura ma è ancora una vittoria. Quello che importa nella "conquista" democratica del potere è VINCERE, nel rispetto delle regole rappresentate dalla legge elettorale. L'Unione ha vinto nel pieno rispetto di regole scritte in assolua solitudine dalla Casa delle (il)libertà. CdL che ha fatto di tutto per rendere il regolamento il più sfavorevole possibile all'Unione, cercando di ostacolare le sue possibilità di vittoria, e assicurandogli una maggioranza difficile (al Senato) in caso di vittoria. SIAMO PASSATI. Cosa vogliono ancora?

C'è un altro punto. Berlusconi può avere conquistato il 23,5% dei consensi... siamo sicuri che abbia rimontato "realmente" (in termini reali e non virtuali)? Tanto per cominciare nel 2001 il suo partito prese il 29% dei voti. Qui ci sono quasi 5,5 punti percentuali in meno. Alle ultime elezioni tra il 2001 e il 2006 FI però era andata molto peggio? Non possiamo paragonare un'elezione politica ad una elezione amministrativa o europea. Berlusconi ha indubbiamente rimontato nelle ultime 2 settimane (ma già da prima...)... si è aggiudicato il voto di quegli incerti il cui comportamente è assolutamente imprevedibile. Berlusconi ha rimontato a suon di violazione costante di par condicio, delegittimazione degli avversari e delle istituzioni, di populismo sudamericano. Promettendo cose che palesemente erano inaccettabile con la reale situazione del nostro paese, senza curarsi di quanto grandi erano le menzogne che formulava. Ora dico... e se avesse vinto? Avrebbe abolito l'ICI e la tassa sui rifiuti? Ma lo avete sentito quello che ha detto l'IMF del nostro paese in questi giorni? Berlusconi ha coronato la sua bella performance elettorale denunciando brogli: un'accusa gravissima in una democrazia. I brogli li fa il suo amico Putin in Bielorussia. Una denuncia in netto contrasto sia con le affermazioni del Presidente della Repubblica che con la precisa, come sempre, attività del Viminale. Il fatto, poi, che Berlusconi non abbia avuto l'umiltà di ammettere la sconfitta, ancora oggi dopo che la Corte di Cassazione ieri ha ufficializzato l'esito delle elezioni, assetta una cultura politica effettivamente illiberale e scarsamente democratica.

Berlusconi è stato una minaccia per la democrazia. Lo è ancora. Il fatto che sia stato sconfitto di misura accresce solo la soddisfazione per avere debellato il pericolo che rappresentava e che, ritengo, continua a rappresentare. Un pericolo per l'economia, per le istutizioni e per un modo di fare politica con "fair-play": il modo democratico.

La stessa destra darà prova di essere veramente matura soltanto quando riuscirà a sganciarsi da Berlusconi con convinzione, senza paura di perdere il potere. Una destra finalmente capace di contestare il padrino e di proporre una alternativa. Credo infatti, che se vi sono alcune divergenze nel centro-sinistra, a volte anche aspre, il centro-destra non naviga certo in un mare tranquillo. Credo che le contraddizioni interne alla destra italiana siano diventate esplosive proprio in questi giorni: è notizia di poche ore fa che Follini ha inviato una dura lettera di critica alla direzione del partito, che si riunirà domani, e alla gestione Cesa/Casini, troppo consenziente e timida. E' infatti uno scandalo che sia stato solo Follini (l'unico uomo veramente di destra che ha avuto i coglioni di sfidare Berlusconi) a protestare contro la farsa del non riconoscimento del voto. E l'UDC sarebbe un partito moderato? Appoggio la contestazione di Follini. L'UDC, ai vertici, si faccia un esame di coscienza. 100 ce ne vorrebbero di personaggi come Follini. Solo allora, forse, l'Italia avrebbe una vera destra basata su idee, valori, e proposte, anzichè su un uomo solo.

Tuesday, April 18, 2006

San Francisco's earthquake

E' lo stretto legame che mi lega a Frisco a imporre una doverosa riflessione sul terremoto che cento anni fa esatti devastò la città californiana.

Il 18 aprile del 1906 un sisma fortissimo (nono grado Richter!) cancellò San Francisco, innescando un enorme incendio che continuò a bruciare le macerie per settimane. Da allora la memoria di questa tragedia e del valoroso ruolo che ebbe l'SFFD (San Francisco Fire Department) nel domare l'incendio (una vera e propria catastrofe che seguì alla prima) non ha abbandonato gli abitanti della città adagiata sulla Baia.
E mentre oggi a San Francisco si celebra il centenario del sisma, la Coil Tower è sempre lì a ricordare la benefattrice che lasciò tutte le sue ricchezze a questi valorosi "firemen" che sono sempre sull'attenti (vista la perenne minaccia del Big One, spada di Damocle degli abitanti della baia. L'ultimo terremoto, il terremoto di Loma Prieta, 7.8 gradi Richter, risale all'ottobre 1989).
Una delle cose che più mi colpirono di Frisco fu la sorprendente assenza di ambulanze, mentre i camion dei pompieri sfrecciavano molto spesso a sirene spiegate: come mi spiegò a North Beach un anziano emigrato di Molfetta, ciò è semplicemente dovuto al fatto che le autopompe sono più rapide, devono essere sempre pronte qualora una catastrofe simile a quella del 1906 dovesse ricapitare. Così anche solo se uno ha un malore e chiama il 911, a meno di trovarsi ad Oakland, San Jose o Sausalito, ad intervenire saranno i firemen! Sicuramente arriveranno più rapidamente.


Friday, April 14, 2006

Tensione di oggi e incertezza di domani

Speravo di postarvi un bel commento sull'esito delle elezioni, un'analisi del voto degli italiani, ma non intendo farlo fino a quando questa grottesca polemica sull'esito del voto, da parte dei perdenti, non sarà terminata.
Per il momento faccio solo presente che, sì, Berlusconi sarà anche il presidente del consiglio ad aver governato più a lungo senza interruzioni nella storia della Repubblica... ma è anche il solo ed unico a non aver accettato l'esito naturale del voto popolare, legittimo e regolare, a 4 giorni dal termine della consultazione (e a 3 dallo spoglio). Un bello spirito democratico!
Ma non è di questo che volevo parlare oggi. Vorrei piuttosto spostare il focus su due argomenti interessantissimi:
1- il prezzo del brent che oltrepassa la quota dei 70 $ al barile;
2- uno scenario (di Piero Sinatti) sul futuro dei rapporti tra Russia e Italia.
Sul prezzo del greggio ecco qualche passaggio degno di nota:

19:34 - Petrolio: il Brent supera per la prima volta a Londra il livello di 70$
Radiocor - Londra, 13 apr - Il prezzo del petrolio Brent sul mercato di Londra ha superato il livello di 70 dollari al barile per la prima volta da quando sono iniziati gli scambi nella forma attuale nel 1988. A far volare i prezzi del greggio le continue tensioni politiche tra l'Iran e la comunita' internazionale. I corsi del petrolio sono saliti fino a 70,20 dollari. Depurati dell'inflazione i prezzi restano sotto al livello degli 80 dollari (a prezzi odierni) toccati dopo la rivoluzione iraniana del 1979. (RADIOCOR) 13-04-06 19:34

Un estratto dal Financial Times:

"Crude oil prices reversed earlier weakness on Thursday, with Brent crude climbing to a record, amid increasing geo-political tensions over Irans’ nuclear ambition and concerns over supply disruptions in Nigeria.
IPE Brent for June delivery closed 71 cents higher at $70.57 a barrel after hitting a record of $70.68 a barrel late in the European session while Nymex May West Texas Intermediate ended up 70 cents at $69.32 a barrel.
Crude prices have been trading in a volatile fashion after a larger-than-expected 3.2m barrel increase in US inventories, which pushed stocks to the highest level since May 1998, was announced by the Energy Information Administration on Wednesday.
The global oil market supply demand balance is set to become tighter this year according to the International Energy Agency. The IEA said Opec would have to increase output this year to meet global oil demand and make up the shortfall from Russia, Nigeria and from other, non-Opec, producers
."

Il Corriere ne parla estesamente (vedi qui versione intera), riportando l'analisi dell'IMF sulle conseguenze di lungo periodo dell'impennata record del brent:

"NEW YORK (USA) - Nubi fosche si addensano sull'economia mondiale e, di conseguenza, anche su quella italiana. L'aumento dei prezzi del petrolio del 10% circa potrebbe «comportare una minor crescita mondiale pari all'1-1,5%». È la stima fatta dal vicedirettore delle ricerche del Fondo monetario internazionale (Fmi), David Robinson, nel corso della conferenza di presentazione dei primi tre capitoli del World Economic Outlook 2006. Un calo non da poco, se si pensa che il governo uscente stima per l'Italia una crescita nel 2006 pari all'1,3% del Pil. Si prospetta quindi un 2006 che sia come il 2005 a crescita zero. Le conseguenze dell'attuale caro greggio - spiega l'Fmi - persisteranno più a lungo di quanto accaduto in passato, aggravando gli squilibri dell'economia mondiale e aumentando il rischio che si producano shock improvvisi. Per far fronte all'emergenza il Fondo monetario internazionale raccomanda ai paesi consumatori di petrolio di trasferire integralmente l'aumento dei prezzi petroliferi mondiali sui prezzi energetici interni per ridurre il consumo di petrolio e attenuare gli squilibri globali delle partite correnti."

Passando poi al secondo punto, ovvero al futuro delle relazioni bilaterali italo-russe, ecco il bell'articolo di Sinatti:

(Fonte: Il Sole 24 Ore)

Putin saluta l'amico e attende le mosse del futuro premier

di Piero Sinatti

Le elezioni politiche italiane hanno avuto nei media russi una copertura insolitamente ampia.

L’affermazione “faticosa” del leader dell’Unione, Romano Prodi, viene letta (specie dalla Nezavisimaja Gazeta”) anche alla luce dei rapporti italo-russi, in una dimensione di politica internazionale che è stata assente nel duro confronto pre-elettorale italiano. L’Italia, tra i paesi della Ue e più in generale tra quelli occidentali, è il secondo partner della Russia, dopo la Germania. La quota della Russia nel volume complessivo dell’interscambio dell’Italia costituisce il 4,6%, quella dell’Italia rispetto alla Russia nel volume è del 5,7%. La struttura dell’export è sbilanciata, sul lato russo, a favore del settore energetico (oltre l’80%): gas naturale (la Russia fornisce il 25% del fabbisogno italiano di gas naturale), petrolio e derivati. Seguono metalli ferrosi e non ferrosi (circa il 10%), legname e prodotti chimici. L’Italia esporta in Russia beni di largo consumo (48%) e macchinari (30%). Nei primi sei mesi del 2005 il volume dell’interscambio è stato pari a 10 miliardi di dollari, oltre il 50% in più rispetto allo stesso periodo del 2004. L’Italia ha partecipato, con l’Eni (Snam), alla costruzione del gasdotto sottomarino “Blue Stream” (decisa alla fine degli anni Novanta), che unisce Russia e Turchia attraverso il Mar Nero. Lo scorso novembre, i presidenti Berlusconi, Putin e il premier turco Erdogan inaugurando ufficialmente a Samsun, Turchia, il terminale del gasdotto, si sono accordati sul progetto di un gasdotto Russia-Turchia-Italia meridionale (costo 2 miliardi di dollari, potenzialità dal 2008 di export di 15 miliardi metri cubi di gas annui). Tutto questo rappresenta la continuazione della partnership italo-russa che dura dagli anni Sessanta, che ha visto protagonisti in Italia sia il settore pubblico che quello privato. Tuttavia, il premier uscente Berlusconi ha contribuito al loro incremento, di pari passo con le accresciute necessità energetiche del nostro Paese.

Berlusconi e Putin

I due leader hanno stabilito in cinque anni ottimi rapporti personali, nel quadro della concezione personalistica berlusconiana della politica estera. “Amico Silvio” e “Amico Vladimir”. Reciproca ricca ospitalità. Putin nella grande villa di Sardegna di Berlusconi. E questi ospite delle dace di Sochi e di Zavidogo. Paradossalmente, Berlusconi, leader di centro-destra è stato, assieme all’ ex cancelliere tedesco Schroeder, leader di centro sinistra, il principale e più convinto partner europeo di Mosca. Nel campo energetico, l’accordo russo-turco-italiano per il gasdotto Russia-Turchia-Europa meridionale è stato preceduto di soli pochi mesi da quello siglato da Putin e Schroeder per la costruzione del gasdotto baltico NEG (North Europe Gaspipeline) Russia-Germania, che ha irritato Polonia e Baltici. La Germania riceve dalla Russia circa il 39% del proprio fabbisogno di gas. Con le elezioni tedesche prima e con quelle italiane ora Putin ha perduto i due principali “amici” sulla grande scena europea. Accusati di aver aumentato l’energo dipendenza dalla Russia dei rispettivi paesi. Berlusconi, tuttavia, si era spinto oltre Schroeder nella sua “russofilia”, mal vista dai paesi del Nord Europa e da quelli ex-comunisti , “russofobi”. Sulla questione cecena, Berlusconi ha sposato per intero le tesi russe, contro gli indirizzi espressi dal Parlamento europeo e, in minor misura, dalla Commissione. Durante il summit della Ue a Roma del novembre 2003, cui partecipava Putin, Berlusconi aveva affermato che la Russia era vittima delle attività terroristiche cecene e aveva definito “calunnie” gli attacchi dei media occidentali contro Mosca su questa questione. Posizione decisamente “riprovata” negli altri paesi europei. Al pari delle difesa del Kremlino per l’affaire Khodorkovskij. Nel summit Nato-Russia svoltosi vicino a Roma, a Pratica di Mare, sotto la presidenza del premier italiano (maggio 2002), venne tenuto a battesimo il neonato Consiglio Nato-Russia. Anche se finora poco effettivo, resta luogo di incontro tra Mosca e gli occidentali, specie per la lotta comune contro il terrorismo internazionale. In quell’occasione, Berlusconi auspicò non solo una grande alleanza strategica Usa-Ue-Russia, ma anche l’ammissione di Mosca nell’UE, per rafforzarne il ruolo di quest’ultima come “grande soggetto politico” internazionale. La stessa proposta fu avanzato da Berlusconi nel vertice Eu-Russia di Roma del novembre 2003. La “russofilia” di Berlusconi è singolare, al pari dell’amicizia che ha stretto con Putin, ex-colonnello del Kgb, una delle istituzioni fondamentali di quel totalitarismo comunista di cui il leader italiano si propone (a comunismo morto e sepolto) come il più fiero, coerente e indefettibile avversario. Accomuna Putin e Berlusconi il ruolo che nelle loro fortune politiche ha giocato il controllo delle televisioni e la loro “distanza” dal corretto gioco mediatico-democratico-parlamentare delle democrazie occidentali.

Prodi e la Russia

Le relazioni Italia-Russia, con la nuova leadership di centrosinistra, sicuramente, saranno meno calde ed enfatiche di quelle del passato quinquennio. Del resto, la diminuzione delle forniture di gas all’Italia nello scorso inverno durante la guerra del gas russo-ucraina (e il Grande Freddo), aveva oscurato l’affidabilità di Mosca come grande partner energetico di Roma. E reazioni negative hanno suscitato a Roma i tentativi di Gazprom di penetrare direttamente nel mercato energetico italiano. Romano Prodi, sulla questione cecena, ha manifestato, come presidente della Commissione, posizioni critiche nei confronti della Russia. E non ha condiviso le posizioni di Berlusconi sull’ingresso di Mosca nell’UE. Lo impediscono sia lo stato e la complessità dell’economia della Russia sia la sua posizione geopolitica, sia la settantennale durata del regime comunista in Russia e in quasi tutto lo spazio ex-sovietico. Prodi, d’altro canto, ha anche respinto le pressioni per l’entrata dell’Ucraina nell’UE, esercitate dai paesi postcomunisti dell’Unione e dagli USA. Circostanza non sgradita a Mosca. “Nezavisimaja Gazeta” (11 aprile) ricorda che visitando la Lettonia nel 2002, Prodi affermò che «qualsiasi aggressione contro uno stato membro della Ue sarà vista come aggressione contro l’intera Unione europea». Indiretto era il riferimento all’articolo 5 del patto di Washington sulle garanzie della sicurezza dei membri della Nato”, tra cui i paesi baltici ex-sovietici. E da chi se non dalla Russia la Lettonia (con gli altri due stati baltici) percepiva il timore e il pericolo di aggressione? Prodi, tuttavia, si è dichiarato contrario all’ammissione dell’Ucraina nell’Unione (chiesta in particolare dagli Usa). Posizione non sgradita a Mosca. Più volte il futuro premier italiano si è pronunciato a favore della creazione attorno all’UE di una “cerchia di paesi amici”, non “membri effettivi” con potere decisionale, ma come “partner in campo economico e culturale”. Una cerchia che va dal Nord Africa agli Urali.

La sinistra del centrosinistra

La sinistra neosocialdemocratica e neocomunista ha da tempo rimosso del tutto la Russia. Ne ha parlato poco o niente. Mai però ha manifestato contro la guerra in Cecenia, come ha fatto per altri conflitti nel mondo. I neo comunisti più o meno inconsciamente rimproverano alla Russia il crollo del sistema comunista. E forse sono sovietonostalgici. Prodi riporterà i rapporti italo-russi sui loro piani economico-politico-diplomatici. Più di Berlusconi, concerterà con l’Europa la sua politica verso la Russia. Con Mosca, del resto, è avverso - al contrario di Berlusconi che l’ha approvata - all’avventura Usa in Iraq. Quanto ai rapporti economico-commerciali l’economista Prodi ben difficilmente cambierà strada rispetto a quella seguita nel quinquennio da Berlusconi. Se Putin “ha perso un amico”, con Prodi manterrà sicuramente un buon partner. Sostanzialmente non cambierà la politica di Roma verso Mosca. Come del resto, non è cambiata quella della cancelliere Angela Merkel, dopo l’uscita di scena di Schroeder.

Thursday, April 13, 2006

Silviu 'u Tratturi

Wednesday, April 12, 2006

Grazie Professore!

Tuesday, April 11, 2006

Berlusconi non accetta l'esito delle elezioni

Berlusconi non ammette la sconfitta ignorando i dati concreti delle elezioni popolari, perfettamente legittime e regolari anche per bocca del Presidente della Repubblica Carlo A. Ciampi.
Chi ha una cultura democratica sà riconoscere la sconfitta personale e sà togliersi di mezzo quando è ora...

«Berlusconi, come Bush, premiato da chi detesta la politica»

«Berlusconi, come Bush, premiato da chi detesta la politica»
Il politologo Charles Kupchan: «Campione del nuovo populismo, per metà del Paese resta un mago»
(Fonte: CdS)

Pochi se l'aspetterebbero qui da noi, ma ci sono anche americani che hanno seguito la nottata testa a testa tra Silvio Berlusconi e Romano Prodi con il cuore in gola. Tra loro, il professor Charles Kupchan, docente alla Georgetown University di Washington, già collaboratore di politica internazionale con la Casa Bianca del democratico Bill Clinton, di casa al Council on Foreign Relations, autore del saggio «La fine dell'era americana» che ha ribaltato le tradizionali opinioni sull'equilibrio Usa-Europa. Il duello tra Berlusconi e Prodi, con la rimonta del fondatore di Forza Italia e la volata di mezzanotte, viene letto da Kupchan, un uomo intento, minuto, con i classici occhiali da intellettuale della East Coast, in termini di nuovo populismo.
Berlusconi torna in vantaggio grazie al suo fiuto nel captare il populismo contemporaneo. Che non è diffuso solo in Italia: è vivo in America, dove George W. Bush è il presidente più populista delle ultime generazioni, serpeggia in Francia e in Germania. L'identità dei Paesi ricchi è minacciata dalla nuova economia, l'opinione pubblica è disorientata dall'emigrazione, dalla globalizzazione, da campagne elettorali via via più ciniche, dominate dalle lobby. L'opinione pubblica si aliena dal dibattito politico e Silvio Berlusconi si dimostra, dal suo debutto in campagna elettorale nel 1994, maestro nel presentarsi come "al di sopra della politica", erede di una storia "diversa". Ha puntato l'intera posta su questa virtù, con apparente successo. Naturalmente il non essere mai vero leader politico, giocando sempre a fare l'outsider, si rivela anche il suo tallone d'Achille una volta eletto, perché non ha la pazienza, e la capacità di unire, degli statisti. Una carriera da candidato perfetto e da mediocre primo ministro».In America Berlusconi è dipinto come il migliore, e più fedele, alleato di Bush, che l'ha invitato a parlare davanti al Congresso, e come un inguaribile clown, deprecato nei pamphlet di sinistra: quale immagine prevarrà? «Il caso Berlusconi m'è apparso dal primo giorno unico e interessante, e parlo da studioso della politica. Adesso il possibile pareggio tra destra e sinistra potrebbe aprire anche da voi, in Italia, una Grande Coalizione alla tedesca, ma la personalità di Berlusconi, il suo populismo e la sua energia lo rendono il leader meno adatto alle larghe intese. Perché, ecco quel che a me pare sfuggire ai vostri analisti e alla sinistra, Berlusconi è un mago a vivere del particolarismo italiano, la politica fratta, spezzettata, lo rafforza, lui riesce a passare dal video e a parlare a milioni di elettori, una metà del Paese».Molti osservatori, da Giovanni Sartori ad Alexander Stille, attribuiscono la parabola di Berlusconi e di Forza Italia alla «videocrazia», il suo controllare sia Mediaset che la Rai, imponendo dai televisori il consenso. Basta? O non c'è piuttosto anche un blocco sociale, un'alleanza di classi solidali con il suo modo di vivere la politica oltre le regole, cui la tv fa da megafono? «Non sottovaluterei il peso dei media. E certo la formidabile campagna che Berlusconi ha saputo interpretare nelle ultime giornate, gettandosi letteralmente nel vivo del Paese, ha pesato. Eppure io credo ci sia di più, che per ogni elettore attratto dal suo essere acrobata politico spericolato ce ne siano altri, moderati, che si allontanano irritati. Da dodici anni Berlusconi cammina su questo filo e ieri notte prova che non è ancora finita per la sua avventura».
Dopo dodici anni la metà del Paese, più un voto o meno un voto, ha rinnovato la fiducia alla destra. Eppure i sondaggi davano Prodi in vantaggio, eppure la sua performance al primo dibattito aveva persuaso. Merito della nuova legge elettorale che, come la scarpetta di vetro di Cenerentola, il governo ha disegnato su misura di Berlusconi, o ci sono stati errori dell'opposizione? «In Europa, come negli Stati Uniti, la sinistra è messa in difficoltà dalla nuova economia. L'afflusso degli emigranti, islamici da voi, ispanici da noi, la fine dell'industria classica, l'outsourcing, i posti di lavoro che vanno all'estero creano un risentimento che avvantaggia la destra e apre vuoti nelle file dei tradizionali elettori progressisti». Insomma per il professor Kupchan la lunga notte del duello italiano apre scenari che vanno oltre le Alpi e, ai suoi occhi, il destino politico di Berlusconi e Prodi riproduce dinamiche comuni all'Occidente: «Qui in America Berlusconi appare diverso che da voi.
In Europa non ha mai dimostrato la gravitas, l'autorità morale per stabilire legami con la Francia e la Germania, e perfino Blair, vicino come lui a Bush, s'è tenuto alla larga, sospettoso della nuvola di scandali e corruzione che da sempre circonda il vostro premier. Questa contraddizione ne ha fatto un paria nell'Unione Europea e dubito che un secondo mandato possa dissolvere i sospetti. Prodi potrebbe mantenere i rapporti positivi con Washington e rassicurare gli alleati europei, ma deve prima persuadere gli elettori. Ho sperato che il centrosinistra italiano desse una mano a rimettere in moto l'Europa, in panne dopo la bocciatura della Costituzione e la paralisi che da mesi blocca Parigi.
Negli Usa Berlusconi è popolare per avere dato una mano a Bush dopo la guerra in Iraq: un leader spesso accusato di guardare solo ai sondaggi ha invece preso la decisione impopolare di mandare truppe a Nassiriya, non cedendo a pressioni forti. Ecco, Prodi potrebbe fare da traghetto atlantico, ma Berlusconi ha saputo tenere duro con Washington e su Israele e non molti ci avrebbero scommesso. Che abbia preso la metà dei voti del Paese su questa posizione impopolare è un successo per lui». Chiunque vinca il Paese resta spaccato a metà. Come negli Usa, il leader sarà detestato dalla metà dei perdenti: da ragazzo sognavo un'Italia dove gli avversari si legittimassero a vicenda come in America, adesso vedo la polarizzazione italiana diffondersi anche da voi: perché? «In parte sono i nuovi media, Internet, la tv via cavo, i talk show radio a creare, in cerca di mercati e audience, un chiassoso tutti contro tutti. Le voci più stridule fanno più effetto, le voci pacate si perdono nel rumore di fondo. L'esperienza che Berlusconi ha nei media l'ha reso efficace negli ultimi giorni, ha agito come un conduttore da prima serata, s'è imposto. Pensa a Bush padre: era amico di molti democratici, si preoccupava della loro opinione, voleva esserne stimato. Non così Bush figlio, contento solo di piacere ai suoi, gli avversari neppure li conosce. Come lui, Berlusconi non si cura di piacere all'opposizione e sa enfatizzare il consenso della base. E', e resterà, leader di parte, fino in fondo, sfruttando le diversità geografiche, puntando sul Nord e sul Sud».
In Italia ci si chiede sempre: «Ci potrebbe essere un Berlusconi Usa? Che diranno di lui gli storici, se passasse per la terza volta?». Prova a rispondere tu, per favore. «No, un Berlusconi americano sarebbe fermato dalla legge, dalle regole, dall'etica politica che gli imporrebbe di mettere le aziende in un blind trust, un fondo cieco. Ed è questo conflitto di interessi, che mi pare lungi dall'essere sanato, che pesa per me nel giudizio storico su Berlusconi. Ho un certo rispetto per come s'è mosso sull'Iraq, malgrado io sia ostile alla guerra, e per la sua lealtà con gli Usa. Ma etica e conflitto di interessi sono ferite che anche la rielezione non basterebbe a sanare. Chiamami appena sai chi ha vinto eh? Fino a tardi!».
Gianni Riotta
(11 aprile 2006)

Arrestato Bernardo Provenzano

E' stato appena arrestato in un casolare nel corleonese Binnu 'u tratturi, il super-latitante boss della mafia Bernardo Provenzano.

Mi ero ripromesso di non postare notizie di cronaca, ma questo fatto potrebbe avere risvolti politici. In ogni caso la mafia non è "semplice" cronaca.
Fonte: Corriere della Sera
Arrestato Provenzano, era ricercato dal 1966
Il superboss latitante è stato catturato dalla polizia nel Corleonese
MILANO - E' stato arrestato nel Corleonese il superboss latitante Bernardo Provenzano. Ricercercato dal 1966 era considerato un acrobata della clandestinità. La notizia diramata dalle ofrze dell'ordine è stata confermata dal procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone e dai pm della Dda Prestipino e Marzia Sabella. Lo scorso aprile la Cassazione aveva annullato, con rinvio per nuovo giudizio, l'ergastolo a Provenzano in relazione al processo per 127 omicidi di mafia avvenuti, a Palermo e provincia, tra gli anni '70 e i primi anni '90.
(11 aprile 2006)

Seggi estero: vince l'Unione

Breaking News:
Dalla completazione dello scrutinio dei voti della circoscrizione estero emerge che, restando invariato l'equilibrio politico alla Camera (con la maggioranza in seggi schiacciante per l'Unione), su 6 senatori eletti nella circoscrizione estero:
4 andrebbero all'Unione
1 alla Cdl
1 indipendente (si vedrà da che parte si schiererà)
...riequilibrando così il numero di seggi a Palazzo Madama a 158 Unione vs 156 Cdl.
Da notare il voto degli "italiani all'estero" in Iraq che hanno votato al 66% per Forza Italia. Eh... la cara vecchia, stupida, guerra...
La maggioranza al Senato sarebbe però relativa, rendendo così necessario lo schieramento dei senatori a vita per il raggiungimento della maggioranza assoluta. Senatori a vita sono: O.L Scalfaro, F. Cossiga, E. Colombo, S. Pininfarina, R. L. Montalcini, G. Napolitano e Giulio Andreotti. Se Ciampi non dovesse essere rieletto (cosa che NON speriamo. No alla Bonino Presidente) diventerebbe a sua volta senatore a vita.
Se però Cossiga avverte che i senatori a vita non possono schierarsi nel dare la fiducia a un governo, non credo la penseranno per forza allo stesso modo Scalfaro, Pininfarina o la Montalcini.
Restiamo in attesa!

E' caos totale!

Dopo 12 estenuanti ore di TV/internet ininterotti ecco i primi risultati affidabili.
Il Senato andrebbe alla CDL con un lieve vantaggio in termini di voti, ma con un solo senatore di differenza in più per il centro-destra. Mancano però ancora i 6 senatori attribuiti dai voti della circoscrizione estero che possono essere decisivi (e che difficilmente andranno a vantaggio del centro-sinistra). Va precisato che non sono conteggiati nel totale senatori i senatori a vita.
La Camera dei Deputati dovrebbe essere andata in maniera risicatissima ma NETTA (grazie al premio di maggioranza) all'Unione. 340 deputati contro 260! Il risultato è, di fatto, definitivo.
Prodi, che ha certamente passato una giornata lunghissima, è sceso in piazza Ss. Apostoli con lo stato maggiore dell'Ulivo al completo proclamando LA VITTORIA DELL'UNIONE e la convinzione a governare 5 anni dando però anche ascolto all'altra parte d'Italia... un paese diviso da 5 anni di incertezza e precarietà. "E' iniziata la Primavera. Da oggi si cambia pagina...".
Ma resta il dato incerto del Senato. La maggioranza di parlamentari alla Camera è però massicciamente a vantaggio dell'Unione.
I dati oggettivi da segnalare sono:
- una resistenza netta di FI che si attesta a un ottimo 24%, segnando così il ruolo di primo partito del paese;
- un calo indecente del pDS che a fatica agguanta il 17,50/18%;
- un risultato non eccezionale (ma neanche troppo negativo) dell'Ulivo che sarebbe, alla Camera, a un 31,50% di voti;
Credo onestamente che sia necessario, se i voti della circoscrizione estera lo confermeranno, prendere in considerazione un'ipotesi di governo tecnico. No a nuove elezioni.
A domani,
Il Cordigliere

Sunday, April 09, 2006

Il neo-fascismo degli squadristi azzurri

Rompo il piacevole silenzio elettorale per riportare l'ennesima violazione delle regole da parte di Forza Italia (vd articolo sotto).
Quanto a me...
Mi sono recato alle urne di buon mattino, appena alzato, con la mia famiglia. E' stato veramente spiacevole vedere dei bellimbusti corpulenti tutti vestiti di nero che si aggiravano minacciosi per i corridoi con una spillona di Forza Italia sul bavero. Rappresentanti di lista, certo...o squadristi azzurri? In ogni caso non è gente del mio paese e in generale posso dire che mi sono sentito più "sotto osservazione" che alle elezioni del 2001.
Votare ULIVO dopo 5 anni di incubo è stato, comunque, vada come vada, LIBERATORIO.
(Fonte: La Stampa)
L’ultima trovata elettorale, una catena di Sms anti-Prodi
9/4/2006
Antonella Rampino

Uno dei messaggini della Cdl messi sotto accusa dall'UnioneROMA. L’Authority per la privacy, e la magistratura, stanno indagando su un Sms. Questo: «Prodi tassa anche gli altri perché lui ha già donato. Atto 16/5/2003 rep. 94916 fascicolo 21915 notaio Vico. Unitamente alla moglie Franzoni Flavia ha donato ai figli Giorgio e Antonio 870.000 euro a tasse zero. Passa questo sms più che puoi entro domani». I giornali, soprattutto «Il Giornale» di Paolo Berlusconi, hanno dato ampio spazio al caso che riguarda la sistemazione dei beni di famiglia di Romano Prodi, candidato premier del centrosinistra che s’era già sentito rinfacciare da Silvio Berlusconi, durante il primo faccia-a-faccia su RaiUno, di aver usato una legge dello Stato. Ma adesso, la vicenda con tanto di riferimenti tabellari, e pure col nominativo del notaio di fiducia, è diventata un messaggino che circola a scopo elettorale, e nella giornata che a termine di legge dovrebbe essere di silenzio. Accusando Prodi di essersi avvantaggiato di una legge del governo Berlusconi, l’abolizione della tassa di successione. Un tema caldo, visto che ha interessato tutta la fase finale del dibattito elettorale: tasse di successione reintrodotte oltre i 180 mila euro secondo Fausto Bertinotti, oltre il milione di euro secondo Lamberto Dini per l’Ulivo. Mentre Prodi, Fassino e Rutelli hanno assicurato che verrà ripristinata per i «grandi patrimoni» quella tassa che, prima dell’annullamento disposto da Berlusconi, era facilmente (e largamente oltre che legalmente) aggirata per esempio acquistando titoli di Stato (che non sono nominali) e girandoli al destinatario della donazione. Quell’Sms è arrivato anche sul telefonino di Giulio Santagata, strettissimo collaboratore di Romano Prodi, e coordinatore nazionale dell’Ulivo. «Alcuni amici me l’hanno mandato per mettermi in allarme, guarda cosa va in giro... Ma il primo Sms, di buon mattino, mi è arrivato con la sigla “ricarica”. Insomma, come se ricevendo quel messaggio il mio telefono si fosse ricaricato. E questo mi ha molto insospettito». Perché, spiega ancora Santagata, «se dei privati si scambiano indicazioni nel giorno del silenzio, nulla da dire. Ma se invece l’iniziativa fosse partita da un partito o da un movimento politico, allora la questione è diversa». L’autorità per la Privacy aveva infatti ufficialmente precisato già nei giorni scorsi che gli Sms a scopo elettorale possono essere inviati solo con il consenso preventivo del destinatario, e questo in risposta proprio alla campagna «Scatènati» lanciata da Forza Italia che nel suo sito (ancora fino a ieri sera) indica una serie di Sms anti-Prodi da inviare a scopo elettorale.Ieri mattina il coordinatore dell’Ulivo ha allertato l’Authority per la Privacy e ha anche presentato un esposto alla magistratura perché si accerti la vicenda, in particolare su quel messaggino di “ricarica”. L’Authority in una nota ufficiale ha fatto sapere di aver già aperto un’istruttoria. Fonti accreditate informano che sarebbe già all’opera la polizia postale, per accertare presso i gestori di telefonia mobile da chi e quando è partito quel messaggino. Se fosse partito da una forza politica, si configurerebbe il reato di violazione della legge elettorale, oltre che della Privacy. Ma intanto, naturalmente, quell’Sms ha agitato la giornata del silenzio. Si tratta «solo di messaggini scambiati tra privati cittadini, una fattispecie che certo non rientra nella comunicazione politica», ha fatto sapere in una nota Antonio Palmieri che per Forza Italia è responsabile della comunicazione elettorale e internet, aggiungendo che «la sinistra è un po’ nervosa». Ripetendo poi quel che nei giorni scorsi aveva detto anche in risposta alla nota dell’Autorità per la privacy: «I nostri Sms sono stati inviati tramite un’agenzia specializzata a persone che hanno dato il consenso a ricevere messaggini di natura politica, e li abbiamo inviati tutti entro la mezzanotte di ieri». Si riconoscono, spiega Palmieri, perché «non hanno né nome né numero del mittente». Che comunque concludendo invita «magari a buttare il messaggino, ma a non votare la sinistra».
(...)

Tuesday, April 04, 2006

Votare ULIVO, per salvare l'Italia.

Non avrei mai voluto esplicitare l'indicazione di voto per le imminenti elezioni. Ma la completa caduta di stile della campagna elettorale, la cloaca mediatica in cui è precipitato il confronto, mi impongono fortemente di dire chiaro e tondo da che parte stare per evitare il pericoloso esito derivante dal votare per il centro-destra alle prossime elezioni. Senza mezzi termini: l'economia, le istituzioni e la moralità politica (quello che ne rimane) sono in pericolo. Il loro destino... il nostro destino dipendono dal voto di domenica.

Basta con l'aggessione politica! Basta con la menzogna! Basta essere infelici!

Votate Ulivo alle elezioni per ridare speranza all'Italia.

Camera dei Deputati:















-
Senato:
Vista la maggiore libertà di scelta al Senato, consiglio un partito dell'Unione nello specchio politico pronto a costruire il nuovo Partito Democratico (DS, DL - Margherita, IdV - Italia dei Valori, Verdi).

Il Cordigliere

Monday, April 03, 2006

Faccia a faccia (e son testate)

E' appena finito l'allucinante e allucinato dibattito televisivo.
Mi aspettavo un confronto duro, aspro, ma non così tanto! Ma prima di entrare nel dettaglio politico vorrei ribadire il mio punto di vista, che a questo punto è definitivo, sull'applicazione del meccanismo dei faccia a faccia in un paese come il nostro.
Sono convinto che sia stata una farsa. Una farsa inutile. Innanzitutto perchè il bipolarismo è ben lungi dall'essere consolidato (come, ad esempio, in Spagna o in Gran Bretagna). Secondo perchè, vista l'anomalia mediatica italiana, inevitabilmente, per la sua stessa natura, il faccia a faccia si trasforma in uno show di pura demagogia, quando non populismo. Ciò riduce il confronto a uno spettacolo diretto, se non all'esercito di feticisti della campagna elettorale (Otto e Mezzo su La 7. Ma anche chi vi scrive...), all'altrettanto ampio esercito di indecisi e dubbiosi che vogliono sentire sparate tipo l'abolizione dell'ICI (!). Per questo, concludo, il dibattito televisivo è stato largamente deludente.
Veniamo al merito.
Questa volta Berlusconi ha imparato dagli errori commessi nel round di andata e si è dimostrato molto molto più combattivo. Un Berlusconi in piena forma come ora diranno i suoi adoratori (da Ferrara in giù). Il dito puntato in avanti nel suo spettacolino finale è emblematico del suo modo di fare politica. Un modo demagogico, sedicente liberale ma molto lontano dai principi etico-morali del liberalismo, che trasmette anzi valori materiali come il denaro o il successo. Onestà e rispetto vengono dopo.
Romano Prodi non è stato in disparte e ha resistito con abilità alle infinite provocazioni dell'avversario, mostrando una dose di tolleranza (forse eccessiva) verso le "sparate" dell'avversario. Come direbbe il buon Fini, Berlusconi era "nervoso" (è la frase preferita di Fini). Prodi assolutamente no. Anzi forse troppo ilare.
Berlusconi poi ha seguito alla lettera l'invito del direttore del Foglio: "Silvio, non seguire le regole. Per vincerle, infrangile" (sic!). Vedete, quando parlo di illiberalismo di Berlusconi intendo proprio questo. La preferenza per l'arroganza, la strafottenza, il litigio, la menzogna e, naturalmente, la trovata da avanspettacolo. Silvio Berlusconi ha largamente infranto le regole del confronto: questa volta ha sforato il time relativamente poche volte (a parte un dritto di 40 secondi in più poi non restituito al Professore da parte di Vespa) ma ha costantemente parlato sotto alle repliche di Romano Prodi. Uno stratagemma mirato a far impappinare il Professore (che però ha resistito da buon docente universitario interrotto dallo studente insistente di turno), un modo veramente poco elegante poi culminato nella farsesca replica (sono rimasto allibito) al paragone (forse evitabile) gettato da Prodi sui lampioni e gli ubriachi. Berlusconi ha allora interrotto due volte Prodi prima di fare la solita sceneggiata di santoriana memoria: "Si contenga! Cribbio!"... anzi no, "LEI E' IL MODERATORE! (A Vespa) E ALLORA MODERI!". Eccolo il liberale, sempre pronto a pretendere che gli altri siano suoi servi. Vespa compreso. Un Berlusconi che peraltro si brucia subito dopo definendo Prodi un "inutile idiota", rivangando un trito e ritrito paragone con le democrazie popolari.
Lo sa Berlusconi che il comunismo è morto e sepolto (requiescant in pace)?
Certo. Ma è un nemico virtuale che si è creato in televisione duettano con quegli allocchi (mossi dal nefasto egoismo del proporzionale) di Diliberto e Bertinotti. E poi via a insultare Vladimir Luxuria, Marco Pannella, Emma Bonino, Francesco Caruso, Oliviero Diliberto, Massimo D'Alema. Piero Fassino. Non risparmia nessuno.
La furia distruttiva di Berlusconi non risparmia nessuno.
E' innegabile che Romano Prodi ha avuto un ruolo mediatico secondario rispetto al primo round. Berlusconi ha cercato in ogni modo di attirare l'attenzione su di se, costi quel che costi (di decenza ne è rimasta poca).
A onor del vero voglio però sottolineare come gli interventi più belli e più sinceri siano comunque stati fatti dal Professore. Ad esempio quando ha rivendicato con orgoglio, al Cavaliere che ripeteva per la dodicesima volta che Prodi ha "solo 5 deputati suoi", la legittimazione che proviene dall'essere stato consacrato da oltre 4 milioni di elettori alle primarie. "Uno splendido esercizio di democrazia a cui lei non sarebbe assolutamente in grado di sottoporsi".
Il suo appello finale è stato molto sincero, onesto, raffinato, fiducioso. L'esatto contrario della demagogia che qualche minuto dopo l'avversario avrebbe sfoderato ancora una volta. Prodi parla di un'Italia divisa, lacerata, di un noi e voi (come dargli torto?)... effetto della campagna elettorale iper-violenta condotta da Berlusconi. Un Italia da riunificare, per tornare a vincere riportando armonia. Poi si appella ai giovani. La speranza di domani. Ed è allora che ho (ri)sentito che qualcuno si rivolgeva a me. Andare fuori, in Italia e all'estero, e confrontarsi con gli altri, dare il meglio di se per dimostrare che non siamo secondi.
Grazie Professore.
Poi arriva il "nano vendicativo" che sfodera il suo sorriso a 32 denti rifatti, gli scappa un fugace invito a votare Forza Italia, poi passa avanti subito, fino all'exploit finale... la promessa di abolire l'ICI. Una promessa bella ma impossibile. Come le migliaia che abbiamo già sentito da 5 anni o più. La promessa della crazione di un milione di posti di lavoro (sì, con l'economia ferma allo 0%!), di diventare tutti più ricchi, di realizzare un grande sogno. Promesse non mantenute, di cui ne abbiamo ampiamente già abbastanza. Demagogia allo stato puro.
Come spera di abolire l'ICI Berlusconi? Essa è la principale fonte di entrate dei comuni... come potrebbero i comuni (anche di destra) accettare una simile proposta? Oppure pensa di aumentare ancora la spesa pubblica facendo innalzare ancora, ulteriormente, il debito pubblico?
L'ICI non verrà mai abolita.
Proprio per questo, cari amici, dico che il faccia a faccia è stato molto triste. Perchè incoraggia e premia la demagogia.
Il Cordigliere

Gorbaciov contro Bush

(Fonte: Ansa)
Usa-Russia, Gorbaciov avverte tutti
Bush, rapporto con Putin diventa problema, boicottaggio G8?
(ANSA) - WASHINGTON, 3 APR - L'ex presidente sovietico Gorbaciov tira fendenti su Usa e Russia e avverte: riaffiora la tensione fra Washington e Mosca. Per l'uomo della Glasnost 'l'America e' intossicata dalla sua posizione di Super Potenza mondiale unica, ma deve riuscire a sormontare la situazione' e guardare alla Russia come a un partner'.Per Bush il rapporto con Putin diventa un problema.Crescono le pressioni affinche' si sanzioni l'autoritarismo di Putin boicottando il Vertice del G8 di S.Pietroburgo.
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Sarebbe veramente ora, caro Presidente, che gli Stati Uniti finalmente si dimostrassero coerenti e usassero con un regime liberticida come la Russia il tono che si merita. Basta ipocrisia! Basta omertà!
Se si vuole parlare di "fronte occidentale", di asse del bene contro il male, di cacciatori del terrorismo, si renda prima l'occidente una cosa coerente con se stessa e con i valori di cui si considera garante.
E poi... come mai non una parola da parte del buon Gorby circa la pietosa situazione politica del suo paese?

Sunday, April 02, 2006

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